Un cantautore che ama destabilizzare, un batterista in cerca di una nuova partenza, un fantasista della chitarra noise. È il cast di Todo Modo, l’album di debutto del trio omonimo formato da Paolo Saporiti, Giorgio Prette e Xabier Iriondo. Quest’ultimo è il trait d’union fra gli altri due: ha suonato a lungo con Prette negli Afterhours e ha prodotto la musica di Saporiti. Messi assieme, i tre suonano una sorta di cantautorato noise dai colori carichi, una musica «cruda che arriva dritta in faccia» priva del basso sostituito dalla pedaliera di Iriondo. «La nostra collaborazione» racconta Prette «nasce dalla volontà di Xabier e mia di continuare a fare musica insieme nel momento in cui presi la decisione di lasciare gli Afterhours nell’estate del 2013. Il passo successivo prevedeva l’arruolamento del terzo componente della band, un cantante, compositore e in primis una bella persona. Xabier mi ha parlato di Paolo e ciò mi è bastato per sapere che poteva essere il nostro complice».
In principio c’era un’idea, un concetto musicale, un suono?
Saporiti: L’evoluzione della mia collaborazione con Xabier prevedeva il tentativo di unire un mondo fatto di melodia e di chitarra acustica con una sorta di sperimentazione improvvisativa e noise tipica di Xabier e delle sue esperienze precedenti, il tutto per rendere le mie canzoni più contemporanee. Credo che Todo Modo in qualche modo derivi da lì e dall’evoluzione del nostro rapporto. Mi piace pensare di poter destabilizzare chi ascolta, come solo la vita sa fare, coi suoi continui cambiamenti e richieste. Cerco la libertà d’espressione completa in relazione a quello che ho dentro di profondo e vero.
Com’è nata Soffocare, la canzone scelta per lanciare l’album di cui avete girato un video al Carroponte di Sesto San Giovanni?
Saporiti: Nasce da una sensazione di fastidio e di soffocamento che deriva dal sentirsi vittima di qualcosa, di una scelta che ti viene attribuita, ma di cui non sei stato assolutamente reso partecipe, tanto per iniziare. Del trovarsi immersi in una situazione che non ti corrisponde.
Prette: È nata da un pattern di batteria che registrai tempo fa, l’abbiamo rispolverato e aggiunto il resto.
Iriondo: Ho registrato un riff di chitarra sopra la parte di batteria, creato il ponte centrale con i bass pedal organ e organizzato una struttura per il brano. La base è piaciuta e Paolo ha scritto un testo. Tutto questo lavoro è stato fatto nell’arco di tre, quattro giorni.
Quanta Milano c’è nell’album?
Saporiti: Molta! È una cosa che abbiamo cercato di prefigurare e figurare in vari modi, non ultimo attraverso altre arti, tipo il video di Soffocare e che abita ogni cosa che facciamo, credo. Le mie chitarre, i miei modi di portare o farmi portare dalla musica credo siano fortemente influenzati dalla città in cui sono nato e vivo e lo stesso vale per gli altri, anche se dentro di me coltivo un amore per una pace e una calma interiori quasi bucoliche. Il batterismo di Giorgio lo sento molto metropolitano e che dire dei suoni di Xabier? Niente di più contemporaneo e cittadino. Innestati sulla mia voce devono riuscire a destabilizzare. Non per nulla ne “L’attentato” abbiamo messo delle rondini riprese mentre tubano in Porta Ticinese… Amiamo i particolari, sono tutto.
Chi è il protagonista di L’attentato?
Saporiti: Io, una bambina, un attentatore, un estremista, un credente indottrinato, un sogno violato… l’innocenza. Memoria di un evento in Nigeria di qualche mese fa, se non ricordo male. È una delle mie tematiche, quella della violenza e dell’abuso, della prevaricazione e della mistificazione in generale.
L’attentato contiene citazioni del film di Elio Petri Todo Modo, a sua volta tratto dal romanzo di Leonardo Sciascia. È da lì che la band prende il nome. Il film descrive l’Italia della DC di metà anni ’70. Non è un mondo che non esiste più, quello?
Saporiti: Dici? Io nelle dimissioni del sindaco di Roma, ad esempio, vedo le stesse identiche cose. Il torbido più torbido del torbido e la lotta dei poteri, delle spartizioni, degli interessi statali nel nome del privato, delle corporazioni. Su cosa si muove tutto questo, se non su un terreno paludoso e controllato dall’alto, da un’élite?
Nel disco sento una ricerca sui timbri di chitarra carichi, saturi, distorti…
Iriondo: Ho cercato di usare pochi colori, una tavolozza ridotta all’osso, primitiva ma efficace perché molto personale e diretta. Quasi tutte le chitarre del disco sono state registrate in presa diretta, senza ausilio di microfoni o amplificatori, un suono crudo che arriva dritto in faccia, una pratica che utilizzo da molto tempo.
Pensate che questa ricerca sui timbri, sulle distorsioni, sui colori, ma anche sulla libertà nell’affrontare la struttura della canzone sia l’unica strada percorribile dal rock chitarristico oggi, quando sembra che tutto sia stato fatto?
Saporiti: Ecco io questa cosa del già stato fatto non la reggo molto, ma è ormai, ahimè, tanto vera. L’idea di questo popolo di annoiati che non sanno più rigenerarsi nei propri ascolti, tanto da doversi fermare sempre alle prime apparenze mi infastidisce, ma è inevitabile. Succede anche a me e capita quando sono io a non essere disponibile all’ascolto. Bisognerebbe forse tornare un poco indietro, all’umiltà e alla freschezza di quando eravamo bambini e alla voglia di credere in chi ci parla, scrive o canta per la prima volta, piuttosto che pensare sempre che saremmo stati capaci di fare altrettanto o meglio. Capita anche a me di non avere tempo per ascoltare, ma sono convinto che se ognuno di noi ascoltasse davvero poco risulterebbe già fatto e così tanto ancora da fare. Forse troppo, in verità.
Giorgio, hai adattato il drum kit al nuovo gruppo? Ti sei trovato a fare cose nuove?
Prette: Tutte e due le cose. Volevo inserire elementi con sonorità diverse dal passato per ottenere risultati nuovi mantenendo il mio stile e allo stesso tempo impormi diverse soluzioni ritmiche.
Il mio amore per te è forse la traccia più inusuale e disturbante, con quel pattern di batteria, i rumori, la sensazione di dissonanza, di fuori sincrono. Come nasce?
Saporiti: Da un’intuizione repentina. Era finita nel cassetto, poi Xabier ha pensato di estrapolarne il ritornello e montarlo su una deriva dissonante rumoristica che mi fa letteralmente impazzire. È una delle cose che più mi piacciono nel disco. Un’idea che abbiamo proposto altre volte nel disco, quando il tempo si ferma e la mente e il cuore e la pancia collassano e dovrebbero cortocircuitare, per poi riesplodere all’unisono.
Paolo ha detto che ognuno di voi arriva da «esperienze toste» e sta vivendo «momenti enormi della propria esistenza». Potete dirmi qualcosa di più?
Saporiti: Siamo uomini di minimo 40 anni, più o meno alla metà delle nostre esistenze e con esperienze e storie importanti alle spalle, un po’ come tutti. Abbiamo bambini di cui occuparci, mogli o compagne con cui relazionarci, lavori e realtà da gestire. Insomma, non siamo una boy band, questo volevo dire. Un esempio: a me è morto il papà qualche anno fa, una cosa che mi ha cambiato la vita ed è una cosa che si è risolta molto, molto lentamente.
In che modo questi «momenti enormi» hanno contribuito a forgiare la personalità del gruppo e del disco?
Saporiti: Credo che la carica che si sente nel disco derivi dalle persone che siamo e da quello che abbiamo da dire, dall’urgenza anche, quindi è tutto presto detto e fatto, basta rendersi disponibili.
Giorgio, questo discorso sui «momenti enormi» rimanda alla tua fuoriuscita dagli Afterhours. Ai tempi hai parlato di involuzione del tuo percorso con il gruppo e dell’esigenza di essere padrone delle tue scelte senza dipendere da altri. Puoi spiegare meglio?
Prette: È molto difficile da spiegare in sintesi, ho maturato la mia scelta nell’arco di quasi tre anni, non è stato assolutamente facile come si può intuire. Ho raggiunto la consapevolezza che in 25 anni avevo raggiunto molto di più di quanto potessi immaginare, di conseguenza quando mi sono reso conto che nonostante tutto i motivi di sofferenza erano diventati prevalenti rispetto a quelli gratificanti… Contemporaneamente necessitavo di un cambiamento radicale in questa fase della mia vita.
L’avventura dei Todo Modo rappresenta una risposta a ciò che ti ha portato a lasciare gli After?
Prette: Rappresenta una risposta alle domande che mi sono posto negli ultimi anni, sostanzialmente: qual è il motivo, se ce n’è uno, per cui suoni e fai musica? È lo stesso di quando hai cominciato? Todo Modo è il risultato di questa riflessione.
Partirete in tour? Ci saranno altri musicisti sul palco? Niente bassista?
Saporiti: Saremo in tour, spero molto presto, ci stiamo lavorando. Saremo noi tre sul palco a muoverci tra gli strumenti che abbiamo scelto per la vita. Assieme a noi la farà da padrona una pedaliera per i bassi di Xabier, il nostro quarto uomo…
Pubblicato originariamente su Rockol
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