È un secondo Oscar alla carriera. L’hanno detto e scritto in molti dopo la notizia della vittoria di Ennio Morricone di un Academy Award per la colonna sonora del film di Quentin Tarantino The Hateful Eight. «Non c’è grande musica senza grande film», ha commentato il compositore che di recente ha vinto per le stesse musiche un Bafta e un Golden Globe. Il sottotesto dei pensieri di molti commentatori è: le musiche di The Hateful Eight non sono paragonabili a quelle di C’era una volta il West, di C’era una volta in America o di Mission, e quindi l’Oscar 2016, che segue di nove anni quella alla carriera, è una forma di risarcimento tardivo per gli errori commessi dall’Academy, che non ha premiato Morricone quando scrisse colonne sonore epocali.
E se invece, senza nulla togliere alla grandezza del compositore e alla bontà della colonna sonora, Morricone dovesse l’Oscar a Tarantino? L’abbinamento fra il compositore e il regista sembra fatta apposta per suscitare la curiosità del pubblico, dei cinefili, dei musicofili. Un heavenly match che fino a pochi anni fa sembrava impossibile: un regista poppissimo amante del citazionismo e un compositore riverito che ha contribuito a scrivere la storia delle musiche da film del Novecento. Tarantino è arrivato ad affermare nelle note di copertina del compact disc che The Hateful Eight è una colonna sonora spaghetti western, una scaltra o molto ingenua manipolazione che aggancia il suo film a un filone leggendario. Morricone ha donato al regista l’aura della storia cui anela, Tarantino ha regalato al compositore il pop che gli serviva per vincere un Oscar sul campo.
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