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Keith Emerson e la tastiera nell’immaginario rock

keith-emersonPortsmouth, 1964. Un diciannovenne di nome Keith Emerson è in cerca di una tastiera. Ha 200 sterline in tasca e una gran voglia di mettere a frutto la sua passione per la musica. Gli è stato offerto un posto alla colta e prestigiosa Royal Academy Of Music, ma l’ha rifiutato per suonare coi gruppi rock e jazz. Ora sta cercando la sua “voce”. La trova all’Organ Center. «Entrai ed eccolo, con quel mogano risplendente in tutta la sua bellezza: un organo elettrico Hammond L 100. E poi, che suono aveva: proprio quello che cercavo». Duecento sterline non bastano per acquistare lo strumento. «Lo devi avere ad ogni costo», gli dice il padre, che mette la differenza: possedere un proprio organo significa avere un posto stabile in un gruppo; avere un posto stabile in un gruppo significa avere una chance di trasformare la passione per la musica in una professione. Emerson farà molto di più: trasformerà la tastiera nel nuovo feticcio rock.

L’incontro fra il futuro «Jimi Hendrix della tastiera» e l’organo Hammond non è solo la storia di una folgorazione personale: è il primo segnale di una rivoluzione copernicana. Prima dell’avvento del progressive la classica formazione rock prevede uno o due chitarristi, un bassista, un batterista. A parte poche lodevoli eccezioni, come i Doors, la presenza del tastierista è marginale. Da quando sono apparsi sulla scena i primi guitar heroes, da Jimi Hendrix a Eric Clapton passando per Jimmy Page e Pete Townshend, il suono della chitarra elettrica è diventato la caratteristica saliente del rock. I modelli di Fender e Gibson sono oggetti di culto. L’Hammond è il grimaldello grazie al quale il progressive scardina questo stato di cose.

Hammond C3Ideato dall’ingegnere e orologiaio americano Laurens Hammond smontando un vecchio pianoforte, l’Hammond viene commercializzato a partire dal 1935 come alternativa relativamente pratica ed economica ai grandi organi da chiesa. Un motore elettrico aziona delle ruote dentate in corrispondenza di pick up che trasformano il movimento in frequenze e quindi in note (da metà anni ’70 verranno utilizzati oscillatori elettronici; negli anni Duemila, acquisito il marchio Hammond, la Suzuki riprodurrà il suono dell’organo con la tecnologia digitale). La varietà della circonferenza delle ruote e del numero di denti, combinati alla velocità di rotazione, permettono di produrre una gamma sonora di cinque ottave. I 61 tasti distribuiti su due tastiere fungono da interruttori che azionano e interrompono il segnale sonoro che viene poi amplificato; nove tiranti (drawbar) modificano l’emissione del suono agendo sulle armoniche delle note; la presenza della pedaliera e di altri effetti allarga la gamma sonora dello strumento. È un successo immediato: nel giro di pochi anni verranno prodotti 200 esemplari ogni mese. L’affermazione definitiva avviene con l’abbinamento dell’organo agli amplificatori rotanti Leslie e con l’adozione dello strumento da parte dei musicisti jazz, in particolari dei modelli B-3 e C-3 prodotti fino al 1974.

Se il jazzista Jimmy Smith ha contribuito in maniera determinante a rendere popolare l’Hammond, musicisti come Emerson l’hanno spettacolarizzato. Due anni dopo avere comprato il modello L-100 (di dimensioni più ridotte e caratteristiche sonore più modeste rispetto ai “fratelli maggiori”), Emerson è in tour in Francia col gruppo rhythm & blues dei V.I.P.’s. All’improvviso scoppia una rissa fra il pubblico. I musicisti stanno per fermare il concerto quando si accorgono dei rumori fragorosi che Emerson sta cavando dall’Hammond. Fischi acuti e suoni tonanti attirano l’attenzione del pubblico. La rissa si placa e tutti si voltano verso il tastierista che sta producendo suoni infernali da una tastiera costruita per accompagnare le funzioni religiose.

I tempi sono maturi per un cambiamento culturale. L’eroe ribelle armato di chitarra elettrica dispiegata come un’arma o come un simbolo fallico viene affiancato dall’immagine più borghese del musicista seduto alla tastiera. Nel giugno 1967, giusto una settimana prima del rogo della Fender Statocaster di Jimi Hendrix al festival di Monterey, il primo posto della classifica britannica è conquistato da A Whiter Shade Of Pale degli inglesi Procol Harum. La colonna vertebrale del pezzo non è costituita da un’audace riff di chitarra, ma da una morbida parte d’organo Hammond suonata da Matthew Fisher. È ispirata ad alcune composizioni di Bach fra cui la celebre Aria sulla quarta corda, in quel periodo popolare come colonna sonora di uno spot televisivo dei sigari Hamlet. È un primo, eloquente segnale. Nel giro di pochi anni la centralità delle tastiere sarà la normalità. Emerson, che prima di unirsi a Greg Lake e Carl Palmer suona nei Nice, ispira Tony Banks dei Genesis (il titolo originario della loro The Knife era The Nice). Nel 1971 si unisce agli Yes un altro prodigio della tastiera, Rick Wakeman. Nei Pink Floyd il talento di compositore ed esecutore di Richard Wright non è ancora messo in ombra da quelli del chitarrista David Gilmour e del bassista Roger Waters. Jon Lord giganteggia nei Deep Purple.

moogL’innovazione tecnologica crea un solco ancora più profondo fra il progressive e il rock “classico”. Mentre una vasta pattuglia di musicisti che operano su entrambe le sponde dell’oceano guarda alla tradizione come una fonte inesauribile di ispirazione, elevando l’essenzialità della performance a valore artistico, gli strumentisti prog cercano modi sempre nuovi per suonare in maniera audace, complessa, inaudita. Lo stesso Emerson, unitosi a Lake e Palmer, sul palco affianca all’Hammond il nuovo sintetizzatore Moog: l’intrico dei cavi è uno spettacolo di per sé, i suoni che fuoriescono dagli amplificatori sono stupefacenti. Primo musicista rock ad andare in tour con un Moog, comprato grazie ai soldi incassati dal primo contratto discografico del trio, Emerson ha scoperto lo strumento ascoltando in un negozio di dischi Switched-On Bach, l’album del 1968 in cui Walter (Wendy) Carlos rifaceva col sintetizzatore brani il repertorio del grande compositore tedesco, non ultima l’Aria sulla quarta corda.

«Che diavolo è questo strumento?», chiede Emerson al negoziante. Quello strumento è stato inventato dall’ingegnere statunitense Robert Moog (1934-2005), e stato presentato in anteprima al Festival di Monterey. Per la prima volta un sintetizzatore modulare a tastiera unisce una grande varietà timbrica, una relativa “portabilità” e un prezzo non inaccessibile. «Era un mostro. Un bellissimo mostro», ha detto Rick Wakeman. L’elettronica esce dai circoli dei compositori colti e arriva sulle assi dei palchi. Se ne accorgono i produttori hollywoodiani, in cerca di colonne sonore ad effetto per i propri film, e i gruppi rock. Se ne accorge Emerson, che lo suona quando ancora fa parte dei Nice, facendoselo prestare da Mike Vickers dei Manfred Mann. Una delle prime cose che suona è Also Sprach Zarathustra di Richard Strauss alla Festival Hall di Londra. «La gente era spiazzata. Non credeva nemmeno che il suono venisse da quello strumento, immaginava che fosse prodotto da un nastro. Fu grandioso: decisi che dovevo possederne uno».

Il suono del sintetizzatore non si accorda solo alla voglia sperimentatrice di una nuova generazione di musicisti, ma sortisce un grande effetto sentito alla radio FM che sta diventando uno dei canali privilegiati di ascolto di musica. Gli oscillatori che ne permettono il funzionamento sono però sensibili ai cambiamenti di temperatura e così Emerson fa accordare il suo Moog al suo roadie prima di ogni concerto. «Salvo poi dovere rifare tutto da capo: il pubblico entrava in sala, la temperatura si alzava, lo strumento si scordava». Il tastierista diventa un incrocio fra il pianista virtuoso e lo scienziato pazzo. Il “mostro” che si porta appresso in concerto è alto come due persone e pesa 250 chilogrammi. Il Minimoog è una versione più compatta che Rick Wright userà in Shine On You Crazy Diamond dei Pink Floyd. Rick Wakeman degli Yes saprà padroneggiarlo in modo invidiabile: «Per la prima volta potevi salire sul palco e far mangiare la polvere al chitarrista. Ha cambiato faccia alla musica».

mellotronWakeman lo compra dall’attore Jack Wild che pensa sia rotto perché suona una sola nota alla volta. Non è difettoso: il Moog è un sintetizzatore monofonico, a differenza del Mellotron, tastiera polifonica che avrà eguale fortuna fra i musicisti progressive. Commercializzato in Inghilterra per la prima volta nel 1963 e basato sull’americano Chamberlin, il Mellotron è una sorta di antenato del campionatore: la pressione di un tasto della tastiera aziona un segmento di nastro contenente un suono preregistrato. Alcuni modelli permettono il caricamento di varie cartucce, allargando la gamma di suoni riproducibili con la tastiera. Nonostante i limiti dello strumento, sensibile agli sbalzi di temperatura, all’umidità e al deterioramento dei nastri, il Mellotron è stato usato fra la fine degli anni ’60 e l’inizio dei ’70 come strumento succedaneo dell’orchestra. I Beatles l’hanno utilizzato in alcune loro creazioni tra cui Strawberry Fields Forever, Ian McDonald l’ha trasformato in uno degli strumenti chiave del primo album dei King Crimson, i campioni del pop elettronico tedesco Tangerine Dream ne hanno fatto un ampio uso, Tony Banks dei Genesis gli ha affidato l’introduzione di Whatcher Of The Skies. I nuovi strumenti a tastiera aprono possibilità inesplorate. Banks: «Filtravo attraverso distorsori e pedali l’organo Hammond, di cui utilizzavo il primo tirante delle barre armoniche, oppure solo i suoni percussivi. Insomma, cercavo di sfruttare il 100% dello strumento, mentre oggigiorno ci si limita spesso a usarne l’1%. Un sacco di gente semplicemente accende gli strumenti e usa suoni preprogrammati. Il Mellotron era fantastico per quei suoni affascinanti di archi e di voci, ma non potevi suonarci niente di veloce. Quando arrivarono i sintetizzatori, aprirono moltissimo il mondo delle tastiere».

Nel 1970 arriva sul mercato il sintetizzatore analogico modulare ARP-2500 creato dall’americano Alan Robert Pearlman. Il colpo d’occhio è spettacolare: le due tastiere sono sormontate da tre pannelli pieni di interruttori e jack. Più affidabile del Moog, ma decisamente meno fortunato dal punto di vista commerciale, è il primo di una serie di sintetizzatori ARP su cui metteranno le mani George Duke (della band di Zappa), Brian Eno, Jean Michel Jarre, Steve Hillage (Gong), Klaus Schulze (Tangerine Dream), Dave Sinclair (Caravan), Tony Banks. «L’ARP Pro Solist» ha detto quest’ultimo «aveva una piccola ma bella gamma di timbri, e non era necessario programmarlo perché aveva suoni presetatti. Fu un’aggiunta interessante al mio armamentario: disporre di qualcosa di alternativo per suonare le parti solistiche mi aprì delle possibilità».

Organi e sintetizzatori non sono gli unici strumenti nobilitati dal progressive. La tavolozza si amplia grazie all’uso di flauti, sassofoni, violini. La fantasia e il talento incitano all’assoluta libertà nella scelta dei colori sonori. Per una stagione l’ensemble rock basso-chitarra-batteria sembra una formula precocemente invecchiata, un rudere del passato. L’immaginario del rock è messo sottosopra.

 

Originariamente pubblicato all’interno del libro La storia del rock, Hoepli

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