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Sting il seduttore

sting assago 2016Scattano in piedi al primo accenno di Message in a Bottle. Sono pochi: gruppi di due, tre, massimo quattro persone che s’alzano dalle sedie e cominciano a ballare. Li guardo meglio: sono tutti over 40. Magari non hanno apprezzato la citazione di Dancing with the Moonlit Knight dei Genesis, però quando arrivano i classici dei Police e di Sting solista s’accendono eccitati. Un concerto del musicista inglese, oggi, è questo: un greatest hits inframmezzato da qualche pezzo solista meno noto e un paio di cover. L’80% della scaletta è composta da quelli che gli anglofoni chiamano crowd-pleaser. A questo serve questa specie d’appendice al Back to Bass Tour che ha già toccato l’Italia tre anni fa: a cantare in coro «Be yourself, no matter what they say», a tenere i ritmi sincopati dei vecchi pezzi dei Police, ad applaudire e farsi applaudire da un pezzo di storia del pop.

Reduce dal tour nordamericano con Peter Gabriel, che ha lasciato in eredità in scaletta una cover di Shock the Monkey e la citazione di Selling England by the Pound prima di Message in a Bottle, Sting si è esibito a fine luglio a Roma, Firenze e Assago. Divertito, rilassato, ha parlato in italiano e dato al pubblico quel che il pubblico voleva: un riassunto della sua carriera fornito da una band di formidabile bravura. Tutto come da copione. Fin troppo.

E insomma, tre anni dopo le prime esibizioni in Italia del Back to Bass, lo spettacolo di Sting è risaputo. E fin qui, ci può stare: il pubblico gradisce. La cosa lievemente deludente è che l’inglese non sfrutta a pieno il talento dei musicisti, ovvero Dominic Miller (chitarra), David Sancious (tastiere), Peter Tickell (violino), Vinnie Colaiuta (batteria), Rhani Krija (batteria, percussioni) e Jo Lawry (cori). Ci vogliono pezzi come Driven to Tears e When the World Is Running Down, You Make the Best of What’s Still Around perché la musica s’infiammi. Le esecuzioni dei grandi successi sono sempre perfette, anche piene di spunti, ma raramente travolgenti. Ed è un peccato perché questo è un gran gruppo e per almeno metà del concerto non lo dà a vedere. È un’auto che può raggiungere i 300 km/h e che Sting guida a 150. Ma con un repertorio e una band così non ci si può lamentare.

Sting è uno che alterna dischi di nicchia, nei quali si distanzia dal pop, e progetti in cui mira a compiacere i fan. Il concerto di ieri sera appartiene alla seconda categoria ed è stato pensato ed eseguito come un (bellissimo) esercizio di routine. Noi che non ci accontentiamo mai, vorremmo Sting un po’ meno seduttore e un po’ più imprevedibile.

 

 

Tratto da un report per Rockol

 

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