Win Butler chiede di spegnere tutte le luci. Viviamo un tempo terrorizzante, dice, ma la musica può aiutarci a farci coraggio. Neon Bible viene cantata così, a luci spente e con l’Ippodromo illuminato dalle luci degli smartphone. Le ultime parole, «non abbiamo molte chance di sovravvivenza», sono quasi sussurrate. È l’ultimo bis del concerto degli Arcade Fire che si è tenuto ieri sera al Milano Summer Festival. È stato, anche, uno dei momenti più intensi di un concerto molto amato e applaudito, una celebrazione dove sono rappresentate la gioia e il dolore, con un un’unica mancanza: lo spirito viscerale del rock.
A una decina di giorni dalla pubblicazione del quinto album Everything Now, il gruppo nordamericano torna a Milano con l’idea di rendere la musica pop di nuovo cool. «Suoniamo musica» dice Will Butler prima dell’inizio del concerto «come se stessimo ballando di fronte a una tempesta. Proprio come Bruce Springsteen, siamo dancers in the dark. Ce l’abbiamo nel dna». Il concerto è anche un esercizio di conciliazione degli opposti – pezzi sul suicidio che sembrano canzonette pop – e anche questo è un concetto che sta alla base del nuovo album. «C’è qualcosa di bello nel combinare gli opposti», afferma Will. «Ai tempi della scuola amavo il modo in cui T. S. Eliot mischiava luce e ombra, l’assurdo e il sacro. Ci sono artisti molto più puri di noi. Noi siamo un po’ scienziati pazzi».
Sul palco gli Arcade Fire sono in nove e parecchio scatenati. Suonano un po’ di tutto, ma non c’è un elemento che spicchi, anzi la violinista (Sarah Neufeld) e il sassofonista (Stuart Bogie) si sentono poco. È musica fatta per esaltare l’impatto collettivo. Dietro ai musicisti, una dozzina di pannelli riproducono visual (pochi) e sfondi colorati. Si parte con Everything Now che impone subito l’atmosfera fra il caotico e il festoso. «All’inizio era sterminata, venti o venticinque strofe che ho tagliato fino a ottenerne tre o quattro», ha detto il cantante Win Butler prima del concerto. «Per me scrivere canzoni è come comporre una poesia o girare un film, cominci da un’emozione, un sentimento che vuoi esprimere. A volte le parole si mettono l’una contro l’altra e a volte lavori su sentimenti contrastanti: magari la musica è molto felice ma il testo è molto cupo. Everything Now è una canzone che racconta cosa vuol dire essere vivi oggi».
È un po’ questo il filo rosso che lega le canzoni dello show: la vitalità. Lo è sia quando a cantare è Win, sia quando prende il microfono Régine Chassagne per i pezzi disco-pop vecchia scuola. Tutti saltano e s’agitano, Win sale sulle spie, agita i tamburelli prima di gettarli sul pubblico, ha la voce carica d’eco manco fosse dentro un pezzo dub. La gente fa i cori e alla fine di Here Comes the Nighttime lui dice felice che «è così che si canta, cazzo». Hanno tutti poco meno di 40 anni, eppure esprimono una vitalità giovanile e nelle canzoni raccontano storie di adolescenti. Come dice Will, «il raggiungimento della maggiore età è un tema potente e senza tempo».
Il carattere ripetitivo delle nuove Chemistry, Electric Blue («È la prima volta che la suoniamo, passiamo direttamente alla parte in cui applaudite») e Signs of Life affossa un po’ le esecuzioni. I pezzi più apprezzati sono quelli vecchi come No Cars Go, Ready to Start e in genere qualunque brano contenga un «oh oh oh» o un «nah nah nah». Prima di Suburbs Butler ringrazia David Bowie, ma il momento più impressionante è forse il coro del pubblico su Wake Up. A un certo punto si esagera con i fumi e vedere i musicisti diventa impossibile.
Dal vivo, i temi di alcune canzoni di Everything Now – il flusso infinito dei media, il fatto che tutto sia disponibile immediatamente, in definitiva la ricerca di senso in un mondo caotico – emergono solo in parte. Nel backstage, se ne parla con Will: «Se siamo anti-capitalisti? Siamo americani, siamo canadesi, siamo capitalisti nel profondo. È un discorso complesso. Diciamo che facciamo parte del filone cristiano di critica al capitalismo: siamo convinti che il benessere non sia tutto. Ma non cerchiamo di salvare il mondo. Cerchiamo solo di descriverlo».
In foto: gli Arcade Fire all’Ippodromo di Milano. Quella cosa della pubblicità «Scattato con iPhone» non funziona con il 5S.
Pubblicato originariamente su Rockol
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